Michel Leiris: il teatro della possessione, analizza
l’incontro tra il letterato/autobiografo, poeta ed etnologo (Parigi 1901-1990)
e i culti di possessione, attraverso la lente della performatività. Dopo averne
presentato gli scritti etnologici, Laura Budriesi si addentra qui nel suo
percorso a più dimensioni, dall’infanzia tormentata fino al congedo con la
scrittura. Esamina i motivi e gli esiti del viaggio in Africa - “una caccia
senza prede al di fuori di ombre” - (missione Dakar-Gibuti, 1931-1933). Memoria
mai appannata quella dell’esperienza vissuta accanto alla confraternita di
Gondar. Vera trance da possessione o semplicemente teatro della possessione
quello dei posseduti di Gondar? Il quesito “leirisiano” va riformulato alla
luce di un’estetica del performativo che rifletta sulle ragioni dell’efficacia,
sul potere trasformativo che necessariamente consegue l’assunzione di ruoli
altri, di un “agire” che è un eseguire, un ri-fare (un re-enactment). La
modernità di Leiris etnografo risiede nella non celata soggettività autoriale e
nell’aver posto in primo piano la dimensione “rappresentazionale” dei culti
come modalità di “conoscenza incarnata”. Performance Studies e neuroscienze si interessano
oggi all’incorporazione dei saperi, alla performance come sistema di
“apprendimento, immagazzinaggio e trasmissione del sapere”, oltre la scrittura
e i confini dell’epistemologia occidentale.